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San Vittore: il carcere intitolato al maresciallo Di Cataldo, ucciso dalle Br nel 1978

La cerimonia il 25 ottobre

La casa circondariale di San Vittore sarà intitolata a Francesco Di Cataldo, maresciallo maggiore degli agenti di custodia ucciso dalle Brigate Rosse il 20 aprile 1978. La cerimonia è prevista per le 11 di mercoledì 25 ottobre. Vi parteciperanno Cosimo Maria Ferri (sottosegretario alla giustizia), Santi Consolo (capo dell'amministrazione penitenziaria), Luigi Pagano (provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria), Gloria Manzelli (direttore di San Vittore) e Manuela Federico (comandante della polizia penitenziaria di San Vittore), oltre che i familiari e vari esponenti politici. Prevista anche una delegazione da Barletta, città d'origine del maresciallo, medaglia d'oro al merito civile.

Non è la prima volta che Milano lo ricorda: nel 2013 era stato intitolato alla sua memoria un parco nelle vicinanze della sua abitazione. «Se oggi le carceri, pur tra le mille difficoltà e contraddizioni esistenti, sono anni luce lontane da quei tempi - ha dichiarato Pagano - lo dobbiamo principalmente a queste persone che credevano in quegli ideali dando forma e coerenza alla loro azione. Lo dobbiamo al maresciallo Di Cataldo, al suo senso del dovere, a chi come lui ha svolto e svolge ogni giorno il proprio lavoro in silenzio e fuori dal cono di luce dei riflettori».

Come le Br uccisero Di Cataldo

Classe 1926, Di Cataldo lavorava a San Vittore dal 1951 e, al momento dell'agguato, era vice comandante della polizia penitenziaria interna. La mattina del 20 aprile 1978 due terroristi lo attesero davanti a casa, a Crescenzago (via Ponte Nuovo), e lo freddarono con due colpi di pistola alla testa, quattro alla schiena e uno al braccio sinistro. Altri due complici attendevano all'interno di un'automobile. Di Cataldo aveva una moglie e due figli.

L'omicidio venne rivendicato dalle Brigate Rosse, in particolare dalla colonna milanese Walter Alasia, con una telefonata all'Ansa e con un comunicato. Nella rivendicazione, Di Cataldo era accusato di essere un «torturatore di detenuti» e, come direttore del centro clinico del carcere, «principale responsabile di tutti gli assassinii (..) dei detenuti, che con la complicità dei medici sono stati archiviati come collassi e infarti». Affermazioni smentite, in realtà, da numerosi detenuti a San Vittore, che anzi lo ricordarono come un uomo che credeva moltissimo alla rieducazione dei carcarati e al loro reinserimento.

I responsabili dell'agguato furono poi condannati nell'ambito del maxi-processo alla colonna Alasia.

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