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Milano senza gli alberi di Abbado? Renzo Piano: “Peccato”

Ha risposto solo "Peccato", l'architetto milanese Renzo Piano, il "papà" del progetto per rinverdire Milano con gli alberi - ricompensa di Claudio Abbado. E il suo verde lo ha realizzato a Boston

"Peccato". La delusione di Renzo Piano è concentrata in una parola sola. Messa in chiusura di un lungo articolo pubblicato giovedì sul "Corriere della Sera". Un elogio alla città ecologiche che cita i casi di Londra "dove è vietato costruire parcheggi in centro" e di Stoccolma "dove se il tram non arriva alla fermata entro venti minuti il passeggero mancato ha diritto al taxi gratis". Al termine di questa analisi insieme poetica e concreta arriva il momento di confrontarsi con la realtà di casa nostra. Ed ecco le ultime due frasi, le più amare: "Purtroppo devo prendere atto che la città di Milano non intende proseguire su questa strada. Peccato".

  Perchè mai devo andare a farlo a Boston? Perchè non a Milano, dove sono cresciuto e diventato architetto?  


La strada in questione è un viale alberato, anzi cento. E' il sogno di riempire la capitale lombarda di alberi. Tanti alberi. Novantamila, come ne aveva chiesti Claudio Abbado nel dicembre 2008 per barattare il suo ritorno alla Scala. Il Comune aveva detto sì, Piano ci aveva creduto e aveva presentato un programma per far diventare verdi le periferie e persino piazza del Duomo. Ieri è arrivata la smentita: il progetto è rinviato a data da definirsi. "Troppo costoso", dicono a Palazzo Marino. "Se non altro servirebbe uno sponsor". E chi deve trovarlo? Non l'istituzione pubblica, ma l'architetto. Quindi, per ora, meglio lasciar perdere. La Milano che ospiterà l'Expo, nel 2015, guarda caso sui temi della natura e della sostenibilità, sarà grigia come vuole la sua caricatura.


La risposta di Piano sul "Corriere" non cerca la polemica politica, seppure dietro il grande understatement traspaia una critica: "Certi progetti hanno bisogno di un grande disegno e non sempre le amministrazioni ne sono capaci". Per capire i sentimenti dell'architetto genovese verso Milano si può allora rileggere una lettera del novembre 2008 all'economista Marco Vitale: "Mi chiedi il mio pensiero, ma ti posso dire solo la mia amarezza". Quella volta si parlava della strategia urbanistica meneghina, che Piano definiva "criminale", o comunque "semplicemente superficiale". Da Parigi, il padre del Centre Pompidou scriveva: "Domattina prendo un aereo per Boston, dove lavoro al Campus di Harvard; per uno di quei temi di cui tu parli; luoghi di civiltà e vita comunitaria. Perchè mai devo andare a farlo a Boston? Perchè non a Milano, dove sono cresciuto e diventato architetto?". Un interrogativo che oggi risuona ancora più forte.


Dopo la costruzione della sede del Sole 24 Ore, in viale Monte Rosa, Piano non ha mai perso di vista Milano. Il suo progetto per il quadrilatero della ex Fiera è stato scartato per lasciare spazio alla triade Dritto-Storto-Curvo di Citylife. Il masterplan per le ex aree Falck fatica a decollare sotto il peso delle difficoltà finanziaria di Luigi Zunino, e già si parla di ridimensionare il tutto. Dopo tante delusioni, sembrava improbabile che Piano si ostinasse a dedicarsi ancora a Milano, città dove non è mai riuscito a lasciare un'impronta pari a quella del suo nome. "Il ricatto degli alberi" di Abbado era sembrato un'occasione irripetibile, ed è andata in fumo. Adesso, a 73 anni, Renzo Piano avrebbe persino diritto ad essere stanco, o a saziare il suo sguardo nei meravigliosi tigli parigini di Place des Vosges, che ogni mattina lo accompagnano nel tragitto da casa allo studio.

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